sabato 12 marzo 2011

Una recensione


“E, più tardi, quando i tragici eventi di quell’estate eccezionalmente calda ebbero seguito il proprio corso, Neil avrebbe continuato a raccontare i particolari della vicenda per anni, giacché la sua scoperta poteva essere considerata l’inizio di tutto. In realtà, non era così. Semplicemente, fino ad allora, non ci eravamo mai resi conto di ciò che si nascondeva in mezzo a noi.”
Questo stralcio di poche righe, già invitano ad addentrarsi in uno dei thriller migliori che ho letto ultimamente. Sto parlando de “La chimica della morte” di Simon Beckett, giornalista d’inchiesta inglese. E in Inghilterra è ambientato questo romanzo, il primo, ho scoperto, di una serie che vede come protagonista David Hunter, che nei panni di un tranquillo medico di campagna, arrivato da Londra per sfuggire ai fantasmi di un passato drammatico. In realtà scopriremo presto che Hunter è un antropologo forense di fama nazionale, suo malgrado coinvolto in una torbida sequenza di omicidi. La pacatezza, l’immobilità del luogo in cui pensa di essersi rifugiato, saranno scosse nel profondo, ed una cappa di sospetto e terrore piomberà sui suoi abitanti fino al sorprendente epilogo, che lascia col fiato sospeso fino all’ultima pagina.

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