sabato 23 giugno 2012

Una recensione: L'adepto di Massimo Lugli

 al volo, ora che posso. Appena finito di leggere, questo thriller  italiano L'adepto di Massimo Lugli  (Editore Newton Compton ) che, premetto, non conoscevo prima e che quindi non posso valutare come autore in una prospettiva diacronica. 
Con L'adepto, Lugli ci accompagna con competenza e un'ottima padronanza degli aspetti tecnici nel mondo della cronaca nera. Forse non di quella attuale, ma di quella che quasi nostalgicamente disegna a tratti nel romanzo, basata sui rapporti di fiducia e rapporti di rispetto e amicizia tra le "fonti" e i cronisti, figure romantiche che battono le strade alla ricerca della notizia vera, senza aspettare l'agenzia e, a volte,  trovano il coraggio di  ribellarsi ai giochi di potere delle gerarchizzate redazioni moderne. E questo è un punto a favore. La scrittura è piacevole, snella e con un buon ritmo. Si vede che Lugli sa scrivere e lo fa tecnicamente bene. Altro punto a favore. Ma per quanto riguarda il  livello del senso della storia e gli elementi cognitivi e passionali che ne sorreggono i meccanismi,  tutta un'altra cosa. I personaggi galleggiano quasi del tutto offuscati dall'onnipresente punto di vista del personaggio principale, Marco Corvino, un cronista di nera invischiato in un caso di satanismo  e magia nera che sembra crogiolarsi in un perenne fallimento personale e professionale, ammettendo con sè stesso e con noi le sue tante colpe, fino a diventare, inevitabilmente, anche un po' irritante.
La storia ha buchi grandi come crateri, a dimostrarlo è il finale, che si risolverà in modo confuso, repentino, senza alcun colpo di scena, se non un piccolo e francamente ingenuo escamotage, cui è affidato il compito di rendere credibile la risoluzione del caso, senza che ne vengano rivelate almeno in parte le origini. Anche le vicende sentimentali che infarciscono la narrazione sfumano nel nulla senza un perché,  di punto in bianco, sullo sfondo di una serie di fatti sanguinari collocati quasi a caso nella trama, che in modo del tutto superfluo l'autore cerca alla fine di legare fra loro, in un apocalittico quanto sconclusionato piano per la conquista del potere, dietro il quale si celerebbe una straordinaria mente del male. Insomma, d'accordo che i meccanismi della presupposizione e della ricostruzione interpretativa sono strumenti formidabili,  utili ad ogni scrittore, ma sempre meglio non abusarne laddove scarseggia la fantasia.



sabato 19 novembre 2011

 

Se non avete visto i film di Miss Marple degli anni '60, quelli con la mitica Margaret, forse non la conoscete. Ma per me la colonna sonora vale il 40% dei film. E vabbè, lo confesso, mi piace talmente che è diventata la mia suoneria del cellulare.  
Oggi che la nebbia sta risucchiando i contorni della mia finestra e tutto il resto, là fuori, mi andrebbe tanto un pomeriggio con lei.